Comunicato stampa Fideuram

Condividiamo con piacere i risultati di Fideuram che contribuisce in maniera centrale alla redditività ed alla solidità dell’intero gruppo Intesa San Paolo

Download: Risultati consolidati al 30 settembre 2020


Coronavirus, Oms: la letalità globale è al 3,4%, ma vaccini sono allo studio

I nuovi dati forniti nella conferenza stampa giornaliera dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) sul coronavirus parlano di circa il 3,4% dei casi di Covid-19 finito in decessi. «Per fare un confronto - soi legge nella nota dell’Organizzazione -, l’influenza uccide meno dell’1% degli infetti». Lo ha affermato il direttore generale Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, in conferenza stampa a Ginevra. I dati di letalità aggiornati dall’Oms rispetto al numero totale di casi segnalati parla di 4,2% nella provincia cinese dell’Ubei (la più colpita), del 3,2 % per l’Iran che ha 77 morti e del 2,5% per l’Italia che però ha una popolazione in media più longeva.

Letalità per persone senza malattie 0,9%

Secondo i più recenti dati dei Centri per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CDC) cinesi il tasso di mortalità nei pazienti senza altri problemi di salute è stato dello 0,9%. Era del 10,5% per le persone con malattie cardiovascolari, del 7,3% per quelle con diabete, del 6,3% per le persone con malattie respiratorie croniche, del 6,0% per le persone con ipertensione e del 5,6% per quelle con cancro. Per capire «l’entità dell’infezione da Covid-19 nelle popolazioni nel corso del tempo l’unico modo è la ricerca di anticorpi in un gran numero di persone, e diversi Paesi stanno attualmente effettuando tali studi. Questo ci fornirà ulteriori approfondimenti».

Non è come l’influenza

«Ora, con più dati alla mano - ha ricordato - stiamo capendo di più di questo virus. Non è Sars, non è Mers e non è influenza. È un virus unico con caratteristiche uniche. Covid-19 e influenza stagionale causano entrambe malattia respiratoria e si diffondono allo stesso modo con goccioline di salive da chi è malato. L’evidenza dalla Cina è che solo l’1% dei casi segnalati di Covid19 non presentano sintomi e la maggior parte di questi casi sviluppa sintomi entro 2 giorni. Ma ci sono differenze importanti fra queste due infezioni: la prima è che Covid-19 non si trasmette così efficientemente come l’influenza. Covid-19 inoltre causa una malattia più grave dell’influenza stagionale, anche perché molti hanno immunità per l’influenza, mentre contro Covid-19 nessuno ha anticorpi e tutti sono suscettibili all’infezione».


Coronavirus, gli operatori finanziari a Financialounge.com: “Effetto sui mercati solo temporaneo”

L’esplosione di centinaia di casi di coronavirus in Italia ha portato a fondo anche i mercati finanziari, con la Borsa di Milano che ha aperto la prima seduta dalla diffusione dell’allarme in forte ribasso. Financialounge.com ha chiesto agli esperti di AllianzGI, Zest Am, Columbia Threadneedle Investments, Euromobiliare, Bp Prime ed Equita di analizzare la reazione dei mercati e le possibili conseguenze.

ALLIANZGI: REAZIONE PREVEDIBILE, SI ATTENDE EVOLUZIONE

Per Massimiliano Maxia, senior fixed income product specialist di AllianzGI, “la reazione delle Borse era abbastanza prevedibile, c’è stata una correzione importante: oggi vediamo Borse in calo e rendimenti in discesa con l’eccezione di quelli del Btp. L’Italia è il Paese europeo più colpito dal coronavirus e quindi è immaginabile l’andamento dello spread. Oggi la reazione non poteva essere diversa, se nei prossimi giorni le notizie non cambieranno il contesto è destinato a rimanere questo”. A livello di scenario, sottolinea l’esperto, “molto dipenderà da come evolverà la situazione: finora i mercati non sono stati molto spaventati dal coronavirus, la Borsa cinese tra mercoledì e giovedì della scorsa settimana aveva recuperato quello che aveva perso dopo l’esplosione dell’epidemia. Ora la forte diffusione del virus in Italia fa pensare che anche in altri Paesi i casi siano di più di quelli segnalati finora, e questo ha messo paura alle Borse”. Per Maxia “nei prossimi giorni presumibilmente la situazione sarà più calma, ma nel medio-lungo periodo dipenderà da quanto si diffonderà il virus e da quale sarà l’impatto sul Pil globale. Se i numeri restano questi l’impatto non sarà particolarmente importante, ci sarà sicuramente un rallentamento nel primo trimestre, ma quando si tornerà alla normalità il recupero sarà veloce. Bisognerà appunto vedere quando la situazione si stabilizzerà”.

ZEST AM: I MERCATI STIMANO L’IMPATTO ECONOMICO DEL VIRUS

“Il mercato sta facendo i conti sull’impatto economico del coronavirus”, aggiunge Alberto Conca, cio di Zest Am. “Prima del diffondersi dell’epidemia al di fuori della Cina e dei Paesi vicini, Giappone e Corea su tutti, le stime erano di un impatto dell’1% come minore crescita del Pil cinese. Ora lo scenario sta cambiando. Oggi è impossibile stimare l’evoluzione della situazione e i mercati, in situazioni di incertezza come questa, reagiscono aumentando la volatilità. Si conferma inoltre la corsa ai beni rifugio”. Secondo l’esperto “l’evoluzione della situazione dipenderà dalla velocità con cui aumenterà il numero dei contagi, e su questo da ora in poi avremo informazioni più attendibili rispetto a quando gli unici dati provenivano dalla Cina, e dal protrarsi del periodo in cui le attività economiche saranno sospese o rallentate”.

COLUMBIA TI: RISCHIO AZIENDE ITALIANE

“Il crollo della Borsa di Milano di questa mattina è dovuto principalmente alla paura”, concorda Andrea Carzana, gestore azionario Europa di Columbia Threadneedle Investments. “Fino alla settimana scorsa si pensava che il problema coronavirus fosse limitato principalmente alla Cina, ma che, anche in quella zona, la situazione si stesse normalizzando, tanto che lentamente, alcuni stabilimenti produttivi stavano riaprendo. Ora si sta diffondendo il timore che, anche in Italia, alcune imprese possano chiudere e che vengano limitati gli spostamenti di merci e persone per circoscrivere la diffusione dell’infezione. Questo avrebbe un impatto negativo sull’economia europea, soprattutto in un contesto, come quello attuale, di crescita bassa”. A livello industriale, nota Carzana, “le aziende avevano aumentato le scorte di magazzino in vista del capodanno cinese, quindi nel breve non ci saranno problemi di scorte, ma se la produzione non verrà riavviata a breve rischieremmo di avere un problema a livello di supply-chain. Dal lato dei consumi la Cina sta indubbiamente soffrendo e questo ha ricadute anche sull’Europa e sull’Italia. Ci si augura che questo blocco a livello italiano non perduri”.

EUROMOBILIARE: SUGGERIAMO CAUTELA

“La reazione negativa delle Borse riflette un’accresciuta incertezza sull’impatto economico del COVID-19, finora scontato dall’azionario come una crisi temporanea e circoscritta, con una caduta produttiva concentrata nel primo trimestre e nell’area asiatica, seguita da un analogo rimbalzo nel secondo trimestre”, osserva Ilaria Fornari, strategist di Euromobiliare Advisory Sim. Questo scenario si basava su alcune ipotesi: il contenimento dell’epidemia cinese in tempi rapidi; la limitata diffusione del virus al resto del mondo; il ritorno a unapiena capacità produttiva in Cina entro marzo e il sostegno dalle politiche economiche. “Gli sviluppi recenti hanno tuttavia messo parzialmente in dubbio le prime tre ipotesi: permane incertezza sui tempi di riapertura degli impianti in Cina e l’epidemia si sta propagando in Giappone, Corea, Italia e potenzialmente Europa a ritmi difficilmente stimabili”, sottolinea Fornari. “In questo contesto suggeriamo un atteggiamento di cautela: da parte nostra nei giorni scorsi avevamo già ridotto l’esposizione azionaria alle aree e settori più esposti, privilegiato comparti difensivi e aumentato la protezione dei portafogli tramite duration obbligazionaria. Nei prossimi giorni valuteremo l’evolversi dei fattori sopra descritti e l’andamento della volatilità per ridefinire l’adeguata rischiosità dei portafogli”.

EQUITA: IMPATTO NEGATIVO MA TEMPORANEO

“Ci aspettiamo un impatto negativo ma temporaneo”, spiegano dal team Italian Equity Market di Equita. “Il Nord Italia ha visto una rapida escalation dell’emergenza sanitaria legata al coronavirus, con oltre 150 casi, in un quadro in continua evoluzione. La Lombardia e il Veneto rappresentano il 30% circa del Pil italiano. Ci aspettiamo quindi un impatto negativo ma temporaneo sul prodotto interno lordo italiano. I rischi principali sono relativi alle società che hanno attività direttamente collegate ai flussi turistici e alla gestione di eventi (lusso, Fiera Milano, IEG), alle società con elevata esposizione ai consumi/attività commerciali in Italia (Nexi, Marr, Geox, OVS, IVS, Amplifon) e alle società che hanno elevata concentrazione di attività produttive in Nord Italia, in caso di deterioramento della situazione che porti a blocchi produttivi (IMA, Interpump, Zignago). I titoli finanziari saranno impattati indirettamente dal calo del Pil italiano”.

BP PRIME: CRISI CON EFFETTI A V

Per Emanuele Canegrati, senior analyst del broker londinese Bp Prime, “sarà una crisi con gli effetti a V, ovvero ci sarà una brusca discesa e poi una risalita: non credo che questa sarà lenta, però tutto dipende dalla durata dell’emergenza. Prima ne usciremo, anche da questo clima d’incertezza, e prima tutto potrebbe tornare normale. Ma nel frattempo ci saranno feriti sul campo a partire da tutti i titoli legati al lusso e al risparmio gestito, mentre vediamo bene i farmaceutici, che sono anticiclici, e poi quelli legati al bio-tech. Resta l’incognita invece per i bancari perché molto dipenderà dalle misure del governo sull’economia, come la sospensione delle tasse o le altre misure che potrebbero in un verso o nell’altro influire anche su questi titoli”.


Covid-19 - Situazione in Italia

Nel nostro Paese è attiva fin dall'inizio della pandemia una rete di sorveglianza sul nuovo coronavirus. Il monitoraggio dell'epidemia dei casi di Covid-19 in Italia viene effettuato attraverso due flussi di dati giornalieri:

  • il flusso dei dati aggregati inviati dalle Regioni coordinato da Ministero della Salute (prima con il solo supporto della Protezione Civile) e dal 25 giugno 2020 anche con il supporto di ISS, per raccogliere informazioni tempestive sul numero totale di test positivi, decessi, ricoveri in ospedale e ricoveri in terapia intensiva in ogni Provincia d’Italia.
  • il flusso dei dati individuali inviati dalle Regioni all'Istituto Superiore di Sanità (Sorveglianza integrata Covid-19, ordinanza 640 della Protezione Civile del 27/2/2020), che comprende anche i dati demografici, le comorbidità, lo stato clinico e la sua evoluzione nel tempo, per un'analisi più accurata.

Dal 25 giugno la scheda con l’aggiornamento quotidiano dei dati è stata integrata con i “casi identificati dal sospetto diagnostico” (casi positivi al tampone emersi da attività clinica) e “casi identificati da attività di screening” (indagini e test, pianificati a livello nazionale o regionale, che diagnosticano casi positivi al tampone).

Tutti i dati sono consultabili anche sulla mappa interattiva (dashboard) del Dipartimento Nazionale della Protezione Civile.

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N.B.
La conferma che la causa del decesso sia attribuibile esclusivamente al SARS-CoV-2 verrà validata dall'Istituto Superiore di Sanità.
Il numero dei positivi totali può subire variazioni in base ad eventuali ricalcoli da parte delle Regioni interessate.

Report monitoraggio fase 2

Per la gestione della Fase 2 della pandemia in Italia è stato attivato uno specifico sistema di monitoraggio  (Sorveglianza settimanale Regioni), disciplinato dal decreto del ministero della Salute del 30 aprile 2020, sui dati epidemiologici e sulla capacità di risposta dei servizi sanitari regionali. Il monitoraggio è elaborato dalla cabina di regia costituita da ministero della Salute, Istituto superiore di sanità e Regioni.

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Consulta news e rapporti regionali

Caratteristiche dei pazienti deceduti COVID-19 positivi

Ecco le principali caratteristiche dei pazienti deceduti sulla base dei dati ISS (ultimo aggiornamento 25 giugno 2020):

Età media  

  • 80 anni

Età mediana

  • 82 anni (più alta di quasi 20 anni rispetto a quella dei pazienti che hanno contratto l’infezione e la cui età mediana è di 62 anni)

Sesso

  • uomini 58%
  • donne 42%%

Patologie pregresse al momento del ricovero

  • Pazienti con 0 patologie pre-esistenti 4,1%
  • Pazienti con 1 patologia pre-esistente 14,5%
  • Pazienti con 2 patologie pre-esistenti 21,3%
  • Pazienti con 3 o più patologie pre-esistenti 60,1%

Aree geografiche con la percentuale maggiore di deceduti

  • Lombardia con 49,5%
  • Emilia Romagna con il 12,7%
  • Piemonte con il 8,9%.
  • Veneto con il 6%

Sintomi più comunemente osservati prima del ricovero nelle persone decedute

  • febbre 76%
  • dispnea 73%
  • tosse 39%
  • diarrea 6%
  • emottisi 1%

Leggi il Report sulla pagina del sito Epicentro dell'Istituto Superiore di Sanità.

I primi casi in Italia

I primi due casi di Coronavirus in Italia, una coppia di turisti cinesi, sono stati confermati il 30 gennaio dall'Istituto Lazzaro Spallanzani di Roma, dove sono stati ricoverati in isolamento dal 29 gennaio e dichiarati guariti il 26 febbraio.
Il primo caso di trasmissione secondaria si è verificato a Codogno, Comune della Lombardia in provincia di Lodi, il 18 febbraio 2020.

Misure di contenimento

L'Italia ha bloccato il 30 gennaio con un'Ordinanza del ministro della Salute tutti i voli da e per la Cina per 90 giorni, oltre a quelli provenienti da Wuhan, già sospesi dalle autorità cinesi.

Il Governo italiano ha dichiarato il 31 gennaio lo Stato di emergenza, stanziato i primi fondi e nominato Commissario straordinario per l'emergenza il Capo della protezione civile Angelo Borrelli.

Con il decreto del Capo del Dipartimento della protezione civile del 5 febbraio 2020 è stato istituito un Comitato tecnico-scientifico per fronteggiare emergenza, poi ampliato con ordinanza del 18 aprile 2020.

Come previsto dal Decreto legge 18 del 2020, il Presidente del Consiglio dei Ministri con decreto del 18 marzo 2020 ha nominato Domenico Arcuri Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica Covid-19.

Il Consiglio dei ministri ha varato un primo decreto legge  il 23 febbraio 2020 con misure per il divieto di accesso e allontanamento nei comuni dove erano presenti focolai e la sospensione di manifestazioni ed eventi.

Successivamente sono stati emanati i seguenti decreti attuativi: il Dpcm 25 febbraio 2020, il Dpcm 1° marzo 2020, il Dpcm 4 marzo 2020, il Dpcm 8 marzo 2020, il Dpcm 9 marzo 2020 #Iorestoacasa, il Dpcm 11 marzo 2020 che chiude le attività commerciali non di prima necessità.

Tra le misure adottate l'ordinanza 22 marzo 2020, firmata congiuntamente dal Ministro della Salute e dal Ministro dell'Interno, che vietava a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi con mezzi di trasporto pubblici o privati un comune diverso da quello in cui si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute.

Il Governo ha poi emanato con il Dpcm 22 marzo 2020 nuove ulteriori misure in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull'intero territorio nazionale. Il provvedimento prevedeva la chiusura delle attività produttive non essenziali o strategiche. Restano aperti alimentari, farmacie, negozi di generi di prima necessità e i servizi essenziali. Le stesse disposizioni si applicano, cumulativamente al Dpcm 11 marzo 2020 nonché a quelle previste dall’ordinanza del Ministro della salute del 20 marzo 2020 i cui termini di efficacia, già fissati al 25 marzo 2020, sono entrambi prorogati al 3 aprile 2020.

Con il DPCM 1 aprile 2020, tutte le misure per contrastare il diffondersi del contagio da coronavirus sono state prorogate fino al 13 aprile 2020. Il decreto entrato in vigore il 4 aprile sospende anche le sedute di allenamento degli atleti, professionisti e non professionisti, all’interno degli impianti sportivi di ogni tipo.

In seguito con il DPCM 10 aprile 2020 tutte le misure sono state prorogate fino al 3 maggio.Il Decreto ha permesso la riapertura dal 14 aprile dei negozi per neonati e bambini, librerie e cartolibrerie.

Con il DPCM 26 aprile 2020 sono specificate le misure per il contenimento dell'emergenza Covid-19 della cosiddetta "fase due” .
Le disposizioni del decreto si applicano a partire dal 4 maggio 2020 in sostituzione di quelle del DPCM 10 aprile 2020 e sono efficaci fino al 17 maggio 2020, a eccezione di quanto previsto per le attività di imprese, che si applicano dal 27 aprile 2020 cumulativamente.

Il Decreto legge 33 del 2020 disciplina la fine deile limitazioni agli spostamenti e la riapertura delle attività produttive, commeciali, sociali a partire dal 18 maggio e fino al 31 luglio.

Con il DPCM 17 maggio 2020 vengono definite le misure di prevenzione e contenimento per la convivenza con il coronavirus.

Infine, con il DPCM 11 giugno 2020 viene autorizzata la ripresa di ulteriori attività.

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Perché nel prossimo decennio le azioni vincono

Gli anni Venti saranno con ogni probabilità caratterizzati da un nuovo paradigma, in cui crescita potenziale e inflazione ‘normale’ sono ridimensionate rispetto al passato. Un mondo inedito in cui le politiche monetarie hanno esaurito il proprio ruolo di stimolo all’economia e a cui potrebbe subentrare una fiscalità espansiva, come auspicato da Mario Draghi e ribadito da Christine Lagarde.

Le regole del nuovo paradigma

  • Politiche monetarie in stallo

Le condizioni finanziarie appaiono ancora estremamente favorevoli e il 2020 si avvia avendo a disposizione una notevole spinta monetaria. La Fed, che alla fine del 2018 aveva tentato di normalizzare il bilancio e poi di agire al rialzo sui tassi, ha dovuto fare rapidamente marcia indietro osservando che il sistema iniziava a scricchiolare ben prima del punto di arrivo. Le banche necessitano di un livello di riserve libere molto superiore rispetto al passato: una volta emerso questo fattore che non si era correttamente calibrato sono stati necessari nuovi interventi sulla liquidità. Al momento la Fed sta acquistando titoli a breve sul mercato in attesa di avviare una soluzione permanente. Ma un fatto è chiaro: tornare indietro dal quantitative easing (QE) prolungato è faticoso, per non dire impossibile. Le banche centrali nel mondo occidentale saranno a lungo paralizzate avendo esaurito la politica monetaria il proprio compito e la propria efficacia.

Il “whatever it takes” fiscale

La politica fiscale dal canto suo conta su una condizione particolarmente favorevole nel rapporto tra crescita nominale, seppure contenuta, e tassi di interesse complessivamente talmente bassi da configurare una buona sostenibilità del debito pubblico. Nel suo primo speech come governatore della Bce Lagarde è andata caldeggiando l’idea che la politica fiscale non sia necessariamente debito ma possa tradursi anche in riqualificazione delle poste. Dunque, si può indirizzare agli investimenti.

Nel nuovo paradigma in cui ci muoviamo, riteniamo che il prossimo whatever it takes potrebbe essere di tipo fiscale.

La politica fiscale ha una gestazione molto lunga e complessa e potrebbe comportare in Europa persino la revisione del patto di stabilità, ma ha un’efficacia immediata sul PIL o sui consumi.

L’impatto sui mercati – Il rendimento delle obbligazioni

In questo nuovo paradigma che abbiamo disegnato, il livello attuale dei tassi di interesse, molto prossimo allo zero, appare strutturale. Se è così le valutazioni finanziarie ne dovranno tenere conto insieme a una serie di fattori secolari, dalla demografia, all’innovazione, alla deglobalizzazione che sono alla base della riduzione strutturale del metabolismo dell’economia e che, insieme agli elementi più ciclici, impattano nei componenti dei ritorni obbligazionari e azionari.

Per quanto attiene al fronte obbligazionario, le previsioni per i tassi di interesse a 10 anni si collocano al 2,3% sul decennale Usa e allo 0,25% sul Bund, con un Total Return medio atteso dell’1,6% all’anno per quanto riguarda il T-Note e una perdita di 0,5% (annuale) per il Bund.

I tassi di interesse strutturalmente bassi, dunque, non rappresentano un’occasione d’oro per le obbligazioni (se si copre il T-Note per il rischio cambio si perde comunque), ma neppure una tragedia. Sono, invece, una buona notizia per l’equity, con un extra rendimento che nello scenario low for long può arrivare anche al 3% e, portando il mercato Usa tra l’8 e il 10%. Cerchiamo di spiegare su cosa si basano queste previsioni.

I fattori che influenzano il rendimento dell’equity – perché nello scenario low for long le azioni vincono

Il rendimento atteso delle azioni è influenzato dalle condizioni finanziarie e, in particolare, dai tassi reali e può essere scomposto in due componenti: i dividendi e il rendimento da capitale che, a sua volta, è dato dalla crescita degli utili più la variazione delle valutazioni, ossia quante volte si è disposti a pagare questa crescita degli utili.

I dividendi sono una delle poche variabili stazionarie e fruttano intorno al 2% negli Stati Uniti e intorno al 3% in Europa.

L’analisi delle altre due componenti, ovvero crescita degli utili e variazione delle valutazioni, permette, invece, di calcolare il potenziale capital gain tenendo sempre in mente l’ipotesi di tassi di interesse fermi oppure molto bassi nell’orizzonte di previsione. Vediamo i tre elementi una alla volta:

1)         crescita degli utili. Una delle congetture nel mercato è che i margini siano sui massimi e pertanto destinati a scendere. Questa tesi appare valida e suffragata dai dati per alcune parti del mercato, ma diventa facilmente confutabile se si guardano i numeri di contabilità nazionale, in base a cui la quota di profitti rispetto al PIL negli ultimi 50 anni si è già ridotta in maniera sensibile. Pertanto, la marginalità delle imprese è già scesa, il che non esclude che possa continuare a farlo, ma rende evidente che non sia vero che siamo su livelli estremamente alti per cui un calo sarebbe pressoché inevitabile.

2)         I tassi di interesse influenzano la redditività delle imprese attraverso il canale del costo del credito e impattano sul valore in termini di fattore di sconto. Per descrivere l’andamento di questa variabile abbiamo tentato di isolare il fattore “tassi di interesse” che è tra i quattro che determinano la marginalità dell’impresa. Gli altri sono la pressione fiscale, l’andamento del commercio mondiale e infine la velocità di crociera alla quale si sta viaggiando. In particolare, la redditività subisce un impatto negativo in caso di aumento delle tasse o dei tassi e positivo in caso di aumento del commercio mondiale o di accelerazione della velocità di crociera. Attualmente la redditiva è, in linea con le medie storiche, al 9,7%, ma nello scenario in cui i tassi restino bassi nel lungo periodo, la marginalità appare in possibile miglioramento, pur non essendo questa revisione scontata dal mercato. Insomma, i margini non solo non sono a rischio ma sono supportati dall’eventuale validità dello scenario low for long.

3)         Il terzo fattore è la variazione delle valutazioni. Il rendimento atteso delle azioni è frutto del rendimento corrente del capital gain e una parte considerevole del capital gain dipende da quante volte si è disposti a pagare gli utili. Osservando la dinamica di questi ultimi nel biennio appena trascorso e quella dei tassi reali appare evidente dai livelli dei Price/Earnings che l’andamento delle valutazioni dipenda appunto dei tassi di interesse reali. Il premio per il rischio si colloca su livelli abbastanza generosi e potrebbe ritracciare per riagganciare la media storica, ma può altresì aumentare per una discesa dei P/E o per una salita dei tassi reali che si normalizzano intorno all’1,5% con un aumento del rischio sul fronte azionario.

In conclusione, è possibile ipotizzare tre scenari sui tassi di interesse

La normalizzazione dei tassi reali (probabilità 40%) intorno all’1,5%: l’aggiustamento del premio per il rischio avviene appunto a scapito dei tassi, con valutazioni azionarie stabili attorno ai livelli attuali, pertanto con nessun contributo di re/de-rating. In questa ipotesi, la normalizzazione dei premi per il rischio (misurata dalla combinazione tra tassi reali e variazione delle valutazioni annuali) implicherebbe una contrazione delle valutazioni di 1 o 2 punti percentuali. La normalizzazione dei tassi si trasmette in una perdita tra il 2 o il 3% sul rendimento atteso delle azioni.

L’alternativa è lo scenario low for long (probabilità 40%) in cui i tassi di interesse reali stazionano tra lo 0 e lo 0,5%. In questo caso la normalizzazione delle valutazioni potrebbe avvenire per effetto della discesa degli earnings yield delle azioni. Questo implicherebbe un aumento del P/E in presenza di redditività costante e si sostanzierebbe in un rerating. Con i tassi reali intorno allo zero, un premio al rischio normalizzato in termini di aumento delle valutazioni azionarie vale circa 3 punti per anno. Ma questo livello di tassi ha un’implicazione importante sul rendimento atteso delle azioni perché offre un extra rendimento in conto capitale tra l’1 e il 3% annuo.

Infine, un terzo scenario è quello in cui si considera una recessione (probabilità 20%): in questo caso i tassi scendono ma le valutazioni non migliorano.